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ALLA LUCE DELLA PAROLA – COMMENTO AL VANGELO DELLA DOMENICA 24/09/23

 

 

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

“Amico, io non ti faccio torto …. Voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te” (Mt 20, 13.14)

 

Mt 20,1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.

Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Parola del Signore.

La parabola del padrone che chiama operai a giornata nella sua vigna, ci mostra sia la sua generosità verso coloro che hanno avuto la possibilità di lavorare solo un’ora, che l’ingiustizia verso chi ha faticato l’intera giornata. Due aspetti messi a nudo dall’equità della paga che il padrone dà agli operai.
Restando a questa lettura, non ci sarebbe da scandalizzarsi di fronte alle mormorazioni di chi è stato assunto all’alba. Infatti, è pensare comune che a più ore di lavoro corrisponde una paga maggiore. Quindi, il padrone avrebbe dovuto pagare di meno gli operai dell’ultima ora. Se egli si fosse comportato secondo questo criterio nessuno avrebbe detto niente. Nessuno si sarebbe scandalizzato.
Gesù, invece vuole scandalizzare i suoi ascoltatori per farli riflettere e mostrargli la realtà sotto un’altra prospettiva. E lo fa partendo dal racconto stesso in cui si narra che il padrone, con i primi operai, aveva pattuito per salario un denaro che, di fatto viene loro dato a fine giornata. Così sono state anche rispettate le usanze del luogo secondo cui “non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nel tuo paese, nelle tue città; gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e vi volge il desiderio; così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato” (Dt 24,14-15).
Da questo punto di vista, ci troviamo di fronte ad un datore di lavoro più che corretto. Non ha commesso ingiustizie e non ha tolto niente a nessuno.
La logica del Signore sposta l’attenzione da ciò che ha ricevuto l’altro, da cui nascono invidie e gelosie, a ciò che è stato dato a me per accorgermi che ciò che Egli dona all’altro, a mio fratello, non toglie niente a ciò che ha promesso a me. Allora, prima di giudicare e mormorare, l’invito è quello di chiedermi se a me è mancato qualcosa, se è venuta meno la lealtà nei miei confronti, se il dare all’altro mi lascia nel bisogno oppure no.