Un padre si rivolge ai suoi due figli, chiamandoli ad andare a lavorare per lui. Le risposte sono diverse. Il primo, inizialmente rifiuta la richiesta del padre ma, poi, torna su i suoi passi e la accoglie. L’altro, invece, sembra accoglierla con sollecitudine e rispetto ma, in realtà non va a lavorare.
Con questa parabola ci troviamo di fronte a due categorie di persone: chi, riconoscendo l’importanza di accogliere la volontà del padre, è disposto a cambiare e chi, invece, si nasconde dietro una falsa immagine per non mettersi in gioco. Gesù identifica la prima categoria con i peccatori e le prostitute e la seconda con i capi del popolo, ed è a loro che racconta la parabola, iniziando con una domanda, in modo tale da non lasciarli passivi di fronte al racconto. Essi, di fronte alle parole e ai gesti di Gesù, lo hanno interrogato riguardo la sua autorità ma, allo stesso tempo hanno volutamente taciuto quando è stata chiesta la loro opinione su Giovanni . Non volevano esporsi per salvare la faccia. Da qui il Signore prende spunto per questa parabola e per le due che Matteo inserisce di seguito. È un racconto che fa da specchio ai capi del popolo ma anche ad ognuno di noi. Tutti possiamo ritrovarci in ciascuno dei due figli. Ci sono situazioni in cui facciamo ciò che ci viene chiesto, anche se contro voglia e ce ne sono altre in cui, non volendo scoprirci, diciamo si solo a parole, per poi agire diversamente. Ma, non dobbiamo spaventarci anche se le parole del Signore sono ferme e dure. È vero che il pentimento, il tornare sui propri passi, cambiare direzione già ci rendono giustificati di fronte a Dio. Ma la porta non è chiusa per chi, come i capi del popolo, si irrigidisce sulla propria posizione. Anzi, la parabola è soprattutto per loro, un invito a ravvedersi, un ulteriore possibilità da che Gesù dà loro perché si convertano e si mettano in ascolto della verità del Vangelo. Gesù non si stancherà di offrirgli opportunità di conversione fino a morire crocifisso proprio per mano loro.